Nel cuore della Toscana, il Duomo di Siena custodisce uno dei capolavori più affascinanti del Rinascimento italiano: il suo pavimento marmoreo intarsiato, definito da Vasari “il più bello, grande e magnifico che mai fosse stato fatto”. Entrando nella cattedrale, lo sguardo è catturato da un “tappeto” di pietra che unisce arte, fede e conoscenza, dove ogni figura racconta un frammento di verità antica. Le immagini di Ermete Trismegisto, delle Sibille e dei profeti tracciano un percorso simbolico che conduce il visitatore verso l’altare, in un viaggio che intreccia mito classico e spiritualità cristiana. Durante la scopertura 2025, il pavimento viene mostrato integralmente, offrendo la possibilità di ammirare le 56 tarsie originali che decorano la navata. È un’esperienza immersiva e irripetibile, dove la bellezza diventa cammino e la pietra racconta ciò che i secoli hanno scolpito nella memoria di Siena.
Appena superata la soglia del Duomo, un’iscrizione ammonisce il visitatore: Castissimum Virginis templum caste memento ingredi (“Entra castamente nel castissimo tempio della Vergine”). È l’invito a percorrere un cammino di sapienza che inizia con la figura di Ermete Trismegisto, raffigurato nel 1488 da Giovanni di Stefano. Ermete, rappresentato come legislatore e filosofo, è il simbolo della prisca theologia, quella “sapienza antica” che nel Rinascimento veniva interpretata come anticipazione del messaggio cristiano.
Sulle navate laterali si susseguono poi le dieci Sibille, profetesse pagane che, secondo la cultura cristiana, avevano prefigurato la venuta di Cristo. Le loro figure, scolpite in marmo bianco su fondo scuro, sono un vero racconto profetico: Persica, Ellespontica, Eritrea, Frigia, Samia, Delfica, Libica, Cumea, Cumana e Tiburtina formano una processione di conoscenza che guida il visitatore verso la luce. Ogni Sibilla reca un motto o un simbolo: la parola si fa pietra, la profezia diventa immagine.
Il percorso prosegue con la Lupa senese, emblema della città e richiamo alla sua fondazione mitica, fino ad arrivare alle grandi scene dell’Antico Testamento che conducono al transetto. Qui il cammino si compie idealmente: l’altare rappresenta la meta della ricerca spirituale e conoscitiva, il punto in cui fede e ragione si incontrano.
Questo straordinario itinerario iconografico permette di “leggere” il Duomo come un libro scolpito nella pietra. Non serve una guida per comprenderlo: basta seguire la sequenza simbolica — soglia → Ermete → Sibille → Lupa → storie bibliche → Altare — per attraversare i secoli e scoprire come la sapienza antica abbia preparato la via alla rivelazione cristiana. È questa la magia del pavimento senese: una narrazione senza parole che unisce il pensiero greco e la fede cattolica in un unico, silenzioso dialogo.
Il pavimento del Duomo di Siena non è solo una meraviglia simbolica, ma anche una straordinaria impresa artistica e tecnica. La sua realizzazione si estese dal XIV al XIX secolo, coinvolgendo generazioni di artisti che trasformarono il marmo in linguaggio. Tutto ebbe inizio con la tecnica del graffito: i disegni venivano incisi su lastre di marmo bianco e riempiti con stucco nero, creando un effetto grafico essenziale, quasi da xilografia. Con il tempo, gli artigiani senesi perfezionarono l’arte del commesso marmoreo, accostando pietre di colori diversi come in una tarsia lignea, fino a ottenere effetti di profondità e chiaroscuro.
Tra i protagonisti di questa evoluzione spiccano Neroccio di Bartolomeo de’ Landi, Matteo di Giovanni, Antonio Federighi e Benvenuto di Giovanni, ma soprattutto Domenico Beccafumi, che nel Cinquecento raggiunse risultati stupefacenti di plasticità e luce. Le sue opere — Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia, Il sacrificio di Isacco, Le storie di Elia e Acab — sono veri dipinti di marmo, dove la materia sembra respirare.
Accanto a loro, l’umbro Pinturicchio portò nel 1505 la sua raffinatezza cromatica con l’Allegoria del Monte della Sapienza, un tema perfettamente in sintonia con il messaggio del pavimento: la scalata verso la Virtù attraverso la conoscenza.
Ogni riquadro è un tassello di un mosaico teologico e filosofico, in cui il pensiero classico, il sapere umanistico e la fede dialogano armoniosamente.
Oggi il pavimento conta 56 tarsie e rappresenta una delle più grandi opere musive mai realizzate in marmo. Per approfondire le schede tecniche e iconografiche è possibile consultare la sezione dedicata del sito ufficiale Opera del Duomo di Siena, che raccoglie dettagli, immagini e studi sulle singole scene.
Camminare su queste pietre significa attraversare sei secoli di arte e cultura, comprendendo come la città di Siena abbia trasformato la pietra in pensiero, e il pensiero in bellezza eterna.
Il pavimento del Duomo è normalmente protetto per gran parte dell’anno, ma ogni estate viene scoperto integralmente per alcune settimane, offrendo ai visitatori la possibilità di ammirarlo nella sua interezza.
Per il 2025, secondo il calendario ufficiale dell’Opera della Metropolitana di Siena, la scopertura straordinaria avverrà nei periodi 27 giugno – 31 luglio e 18 agosto – 15 ottobre 2025. Durante questi mesi la cattedrale prolunga gli orari di apertura (10:00–19:00 dal lunedì al sabato; 9:30–18:00 la domenica) e offre visite guidate, audioguide e percorsi integrati.
Novità assoluta del 2025 è la possibilità di vedere la tarsia della Speranza, opera ottocentesca normalmente celata anche nei periodi di apertura, resa visibile per la prima volta in occasione del Giubileo.
Il biglietto singolo per la scopertura costa 8 €, ma conviene scegliere il biglietto cumulativo Opa Si Pass, che include anche Cripta, Battistero, Libreria Piccolomini e Museo dell’Opera.
Per godere appieno dell’esperienza:
Il pavimento del Duomo di Siena non è solo un’opera d’arte: è un viaggio interiore. Tra mito, fede e bellezza, ogni passo racconta come la conoscenza possa essere percorsa — letteralmente — sotto i propri piedi.